I camion vanno e vengono, da giorni; vanno, vengono, scaricano. Terra giallastra e fine, che al primo colpo di vento si solleva in nuvole di polvere dall’odore acre. Fino a qualche tempo prima proprio lì, lungo il greto del piccolo canale di irrigazione, andavano parallele due file di pioppi, barbagli di metallo ad ogni brezza, d’estate, lampi d’alluminio e verde cupo. In una sola notte qualcuno li aveva abbattuti e se li era portati via, miserabile bottino, che neanche a far legna. Ma tant’è.
Sull’orizzonte spoglio ora sfilano le sagome nerobrunite dei camion, ruote doppie a stritolare tarassachi e malve superstiti, una nebulosa giallastra a velare il tutto di un color epatico. Sbircia l’amico da dietro l’accendino: lui, le mani in tasca, guarda la processione. Continua a leggere