Quando arrivavano le lettere ci mettevamo tutte in cucina e ognuna le leggeva ad alta voce. Non capitava mai con le lettere dei parenti, solo con quelle degli sconosciuti. Le spedivano signori anziani, maschi e femmine che scrivono ai carcerati, anziché alle poste del cuore, per avere un po’ di compagnia. Oppure erano lettere di altri carcerati che chissà come avevano avuto il nome e l’indirizzo di una di noi.
Milena è nata in un carcere, nel carcere di Rebibbia. In quel carcere ha trascorso i primi tre anni della sua vita, e poi, anche quando è uscita, a quel carcere è rimasta attaccata, corpo e anima, testa e viscere, per tutto il resto della vita. Non è soltanto per sua madre, detenuta. Non è soltanto per gli altri bambini, tanti piccoli alter ego, che come lei continuano a nascere e crescere lì dentro, nel carcere di Rebibbia, e che quel carcere continueranno a portarlo dentro, anche loro, probabilmente per sempre. Continua a leggere